COREA DEL SUD - Si è svolto il primo interrogatorio da parte della polizia per Lee Joon-seok, il comandante del traghetto sud-coreano 'Sewol', affondato due giorni fa con 477 passeggeri a bordo tra cui 352 studenti, molti dei quali morti annegati o in gran parte tuttora dispersi. Lee, arrestato ieri insieme a due sottoposti, nello stesso giubbotto impermeabile con cappuccio che indossava al momento della tragedia, durante una pausa ha risposto alle domande dei giornalisti, e ha ammesso di aver ritardato l'evacuazione della nave per oltre quaranta minuti dopo la prima richiesta di aiuto trasmessa a terra, puntualizzando pero' di averlo deciso, per colmo di paradosso, pensando alla sicurezza dei passeggeri.
Un lasso di tempo che, se fosse stato evitato, avrebbe forse permesso a tanti di non restare intrappolati sotto coperta, finendo affogati. Un elemento che, dopo l'avvistamento di almeno tre cadaveri da parte dei sommozzatori riusciti finalmente a insinuarsi all'interno del relitto, ha inevitabilmente scatenato ancora di piu' la furia dei familiari delle vittime. "In quel momento un battello di soccorso non era ancora arrivato, e nei paraggi non c'erano nemmeno pescherecci o altre imbarcazioni che potessero assisterci", ha spiegato il capitano.
"Le correnti marine erano molto forti, e l'acqua era freddissima", ha proseguito. "Ho pensato che i passeggeri sarebbero stati trascinati via, e che sarebbero finiti nei guai se fossero stati evacuati in maniera sconsiderata, senza giubbotti di salvataggio. Pero'", si poi e' affrettato ad aggiungere l'ufficiale, "sarebbe stato lo stesso anche se i giubbotti li avessero messi".
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