La crisi economica non guarda in faccia nessuno, nemmeno quella enclave cinese che rappresenta uno dei nuovi modelli della new economy, stiamo parlando ovviamente di Macao.
Il paradiso del gioco d’azzardo in Asia, l’alter ego per antonomasia alla Strip di Las Vegas, è divenuta una delle mete più ambite dagli appassionati del gambling, dopo la progettazione e costruzione di una decina di casinò resort di ultima generazione. La partnership tra governo, imprenditori locali e tycoon statunitensi ha trasformato la ‘Striscia di Cotai’ in un’attrazione turistica a 360°, divenendo il principale contribuente singolo di Honk Kong, grazie al suo indotto da capogiro. La politica ha trovato così un fido e redditizio alleato nell’industria del gambling, sostenendo i propri bilanci grazie alle tasse pagate su tutte le vincite e sulla gestione dei casinò resort. Ma ultimamente qualcosa si è inceppato nella macchina perfetta e dallo scorso mese di giugno i bilanci presentano sempre il segno meno.
Negli ultimi mesi gli amministratori di Macao stanno valutando un planning per l’inversione di rotta. Uno dei primi passi è stato quello di chiedere a Pechino una maggiore liberalizzazione per gli ingressi nella zona, al fine di favorire il turismo e il gioco nei casinò. Ma i primi feedback sono stati negativi, soprattutto a causa delle nuove politiche molto restrittive adottate dal governo cinese. Dal 1 ottobre 2014 i cinesi non aggregati a viaggi di operatori turistici possono raggiungere Macao solo una volta ogni 3 mesi, rispetto alle 2 visite mensili consentite fino al 1 giugno. Questa limitazione ha colpito pesantemente i casinò della zona, che presto dovranno fare i conti con la concorrenza di Taiwan, che ha intenzione di istituire grandi casinò nelle isole esterne.
Infatti il parlamento di Taiwan ha legalizzato il gioco d’azzardo in alcune isole più esterne. Il progetto è quello di costruire casinò resort in zone depresse come l’arcipelago Penghu e le isole Quemoy e Matsu di fronte al cinese Fujian. A Penghu sorgerà un complesso con almeno 500 stanze e un casinò resort tra i primi 5 del mondo. I 90mila abitanti di quest’isola hanno già approvato 2 referendum a sostegno del progetto, per sviluppare l’economia locale.
Chang Sho-wen, segretario generale del Partito Kuomintang, attualmente al governo, spiega che la nuova strategia è finalizzata a “stimolare lo sviluppo delle isole esterne, specie per il turismo”.Critica invece l’opposizione, anche perché nel Paese asiatico non è legalizzato il gioco d’azzardo.
Il paradiso del gioco d’azzardo in Asia, l’alter ego per antonomasia alla Strip di Las Vegas, è divenuta una delle mete più ambite dagli appassionati del gambling, dopo la progettazione e costruzione di una decina di casinò resort di ultima generazione. La partnership tra governo, imprenditori locali e tycoon statunitensi ha trasformato la ‘Striscia di Cotai’ in un’attrazione turistica a 360°, divenendo il principale contribuente singolo di Honk Kong, grazie al suo indotto da capogiro. La politica ha trovato così un fido e redditizio alleato nell’industria del gambling, sostenendo i propri bilanci grazie alle tasse pagate su tutte le vincite e sulla gestione dei casinò resort. Ma ultimamente qualcosa si è inceppato nella macchina perfetta e dallo scorso mese di giugno i bilanci presentano sempre il segno meno.
Negli ultimi mesi gli amministratori di Macao stanno valutando un planning per l’inversione di rotta. Uno dei primi passi è stato quello di chiedere a Pechino una maggiore liberalizzazione per gli ingressi nella zona, al fine di favorire il turismo e il gioco nei casinò. Ma i primi feedback sono stati negativi, soprattutto a causa delle nuove politiche molto restrittive adottate dal governo cinese. Dal 1 ottobre 2014 i cinesi non aggregati a viaggi di operatori turistici possono raggiungere Macao solo una volta ogni 3 mesi, rispetto alle 2 visite mensili consentite fino al 1 giugno. Questa limitazione ha colpito pesantemente i casinò della zona, che presto dovranno fare i conti con la concorrenza di Taiwan, che ha intenzione di istituire grandi casinò nelle isole esterne.
Infatti il parlamento di Taiwan ha legalizzato il gioco d’azzardo in alcune isole più esterne. Il progetto è quello di costruire casinò resort in zone depresse come l’arcipelago Penghu e le isole Quemoy e Matsu di fronte al cinese Fujian. A Penghu sorgerà un complesso con almeno 500 stanze e un casinò resort tra i primi 5 del mondo. I 90mila abitanti di quest’isola hanno già approvato 2 referendum a sostegno del progetto, per sviluppare l’economia locale.
Chang Sho-wen, segretario generale del Partito Kuomintang, attualmente al governo, spiega che la nuova strategia è finalizzata a “stimolare lo sviluppo delle isole esterne, specie per il turismo”.Critica invece l’opposizione, anche perché nel Paese asiatico non è legalizzato il gioco d’azzardo.
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