lunedì 6 luglio 2015

India: violenze in ospedale sulle future mamme

foto: Reuters/Vivek Prakash
di Pierpaolo De Natale - “Noi trattiamo con molta più cura le nostre capre e i nostri bufali, rispetto a come loro trattano i pazienti”, sono queste le terribili parole con cui le donne tribali del villaggio indiano di Santhal, a Birbhum, descrivono il comportamento del personale sanitario nei confronti delle madri prossime al parto. I bambini in possesso di un certificato di nascita sono davvero pochi, perchè le donne preferiscono mettere al mondo i propri piccoli tra le mura domestiche, piuttosto che affidarsi alle "cure" degli ospedali.

Il governo indiano sta tentando di rendere obbligatorio il parto all'interno di cliniche ufficialmente riconosciute dallo Stato, soprattutto sotto l'occhio vigile della comunità internazionale, che come Obiettivo di sviluppo del Millennio intende ridurre a 109 donne per ogni 100mila nati il tasso di mortalità. Si ritiene che i decessi durante il parto avvengano a causa delle pessime condizioni igieniche e a seguito dell'incompetenza dell'assistenza sanitaria.

“Tutti i miei compagni del corso hanno preso a schiaffi le pazienti. È quasi un rito di passaggio”, racconta Romit, giovane medico di un ospedale di Calcutta, al Quartz. “Una volta c'era un ragazzo così timido che non perdeva mai la pazienza. Il giorno in cui ha dato il suo primo schiaffo a una paziente lo abbiamo costretto a offrirci la cena per festeggiare”. Vittime di questi abusi sono le donne appartenenti alle classi meno elevate della popolazione, poichè le famiglie d'élite hanno la fortuna permettersi onerosi ricoveri in cliniche private.

Il governo indiano, a partire dal 2005, ha intrapreso un percorso per l'istituzionalizzazione del parto e per la promozione della crescita della popolazione. Il programma messo a punto dall'esecutivo è il Janani Suraksha Yojana (JSY) e prevede l'assegnazione di compensi economici per le donne che scelgono di partorire in cliniche pubbliche. La linea di governo è stata però fortemente criticata dagli attivisti, in quanto programmi come il JSY mirano a incoraggiare le donne senza considerare i comportamenti delle equipe sanitarie. La National Health Mission ha anche dato il via a costanti ispezioni per il miglioramento della salute degli abitanti delle zone più lontane dai distratti cittadini, ma queste indagini si limitano a giudicare infrastrutture e pulizia ospedaliere e non valutano anche gli atteggiamenti del personale.

Nonostante l'alta persistenza di violenze e maltrattamenti - secondo i dati raccolti dall'Organizzazione mondiale della Sanità - il tasso di mortalità dal 1990 al 2013 è sceso da 560 a 190. 

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